UFO, Spazio e vita, W56, Ummiti, la vita nello spazio c'é e loro sono tra noi da sempre.
Questa é la vera storia di una delle visite in una loro base sotto terra, precisamente, vicino Rocca Pia (Ascoli Piceno), tratta dal libro CONTATTISMI DI MASSA. Un'altra volta Meredir (Un altro degli amici che si definiva storico) mi aveva chiesto di andare alla Rocca Pia, portandomi dietro un registratore a nastro, avevo un piccolo Geloso a batterie, metallico, uno strumento da ufficio. Mi venne detto di poggiarlo a terra ed iniziare la registrazione. Quando più tardi riascoltai il nastro, sentii tanti rumori, botti, urla, scoppi, perché, mi venne spiegato, avevo di fatto registrato i rumori di un vero e proprio combattimento che aveva avuto luogo nel sottosuolo. Sia i nostri amici che i loro avversari erano dotati di armi notevoli, ma i nostri avevano, in aggiunta, una coscienza, mentre gli altri erano gente fredda ed insensibile poi, finalmente, ci dissero che era giunto il nostro turno per entrare nella base!
Ci ritrovammo, io e Giancarlo, davanti al castello, nelle
vicinanze era parcheggiata la 600 azzurra di Giulio, che la aveva lasciata li
qualche giorno prima Avremmo dovuto incontrarlo davanti al castello, ma non si
vedeva Solo qualche giorno più tardi scoprimmo che aveva sbagliato il giorno.
Li per li temetti che ci fosse una cavità sotto di noi, e che il terreno stesse per crollare a causa del nostro peso invece, il terreno si aprì e venne fuori un uomo. Noi eravamo ammutoliti, e lui ci disse di scendere con lui, benché non riuscissi a capire in che modo. Lui ci disse di avvicinarci al centro dell'apertura attraverso cui era uscito. Pareva che saremmo dovuti cadere dentro, ma lui ci disse di mettere i piedi in determinati punti (benché non si vedesse nulla di particolare in quei posti). Ubbidii, e mi accorsi che i piedi poggiavano sopra qualcosa di solido. Poi questo pavimento invisibile prese a scendere lungo il corridoio verticale.
Quando il giorno dopo tornammo all'aperto mi accorsi che
avevo i piedi leggermente arrossati, e mi spiegarono che ciò era dovuto al
processo di ingresso e di uscita. Cercammo le lampade, ma ci venne detto che non c'era nessuna lampada. "Non potete capire - ci disse - l'ambiente è riempito con una particolare radiazione che interagisce con l'energia dei fotoni; è un po' come se fossimo in grado di accendere i fotoni; inoltre, fintanto che questa radiazione è attiva, essi vengono continuamente rigenerati." La luce era di un meraviglioso blu pallido, e l'aria era molto
trasparente, si riusciva a vedere a grande distanza. Addirittura, più
tardi, scoprimmo che anche fumando, si poteva vedere attraverso il fumo,
con estremo dettaglio. Per di più non c'erano ombre. "Guarda - disse
Giancarlo - non ci sono ombre; anch'io ho inventato una cosa del genere
anni fa." E il nostro amico sorrise ...
Meredir prima, poi Sinas, poi un altro ci raggiunsero, e cominciammo a
passeggiare; per più di 10 minuti camminammo lungo quella immensa
struttura, ed era bello trovarci lì dentro assieme ai nostri amici.
Mi sentivo ottimamente, con una sensazione di benessere mai provata
prima, ad ogni respiro mi pareva di riempirmi di energia; mi spiegarono
che l'aria era diversa dalla nostra, satura di ioni negativi. Su loro
suggerimento mi toccai i capelli, e li trovai duri e crepitanti. "Ti
stai disintossicando - mi dissero; quando uscirai scoprirai di stare meglio." Questo è l'ambiente in cui
viviamo; da quella parte ci sono i nostri giovani; adesso sono dentro
una specie di aula, e stanno studiando." "Possiamo vederli?" "Sì, ma in
segreto, perché non vogliamo spaventarli; ciò che loro sanno circa i
terrestri non è buono, e loro pensano a voi come ad una specie di bestie
selvagge." Ci avvicinammo lentamente. Lui toccò una specie di bottone, e sulla parete comparve uno schermo, un quadrato di una cinquantina di centimetri di lato, su cui si formò un'immagine. Potevamo guardare dentro l'aula; era una stanza lunga oltre cinquanta metri, non saprei dire quanto larga perché non se ne vedevano le pareti laterali. Era come se ci fosse una telecamera in azione all'interno, che poteva spostarsi ed orientarsi a volontà. In questo modo ci venivano presentati i cosiddetti giovani. "Quanto sono alti? "Due metri e trenta, due e quaranta, anche due metri e mezzo." "E li chiamate giovani!" "Per noi sono dei bambini; qualcuno ha 15 anni, qualcuno 30, qualcuno anche 95. Presso di noi i processi biologici sono più lenti dei vostri, ma arriviamo ai risultati più in fretta," Vidi che alcuni portavano una specie di grossa calotta in testa, un po' come le nostre signore dal parrucchiere, e mi venne spiegato che si trattava di dispositivi mirati ad incrementare le capacità mentali "... ma non in maniera artificiale. Noi non faremmo mai una cosa
del genere: in realtà, l'apparecchio si limita a sollecitare gentilmente
il
loro sistema nervoso, e nel frattempo li disintossica. Le intossicazioni
impediscono la completa evoluzione degli uomini; se voi digiunaste, o
vi alimentaste in modo diverso, le cose andrebbero meglio. Purtroppo
anche noi abbiamo i vostri stessi problemi."
Molti dei "giovani" avevano capelli cortissimi, alla tedesca, rigidi;
alcuni avevano occhi marrone, altri occhi leggermente colorati, di
verde,
di blu. Sembravano essere di razze diverse, e in effetti ci confermarono
che erano presenti diverse etnie, ma che per lo più c'erano solamente
leggere differenze morfologiche, non nelle funzioni biologiche;
d'altronde, anche fra uomini della stessa razza si trovano diversità. Abbiamo imposto un
senso etico anche sui nostri strumenti e sulle nostre armi: se si
cercasse di usarli per fare del male, essi non funzionerebbero, al
limite si disintegrerebbero da soli." (Infatti Loro riescono a leggere il pensiero dei terrestri e questo può sembrare imbarazzante per noi, ma loro non hanno nulla da nascondersi vicendevolmente).
In seguito, entrammo dentro una stanza circolare: sul soffitto c'era una specie di carosello, con luci di ogni colore che si muovevano dappertutto. "Bene, stiamo semplicemente facendo pulizie; quelle luci sono i nostri operatori remoti; adesso li spengo." Si
infilò una mano intasca, e le luci scomparvero: adesso il soffitto era
una lastra monolitica di cristallo: in effetti era difficile valutarne
la natura, perché non era trasparente, ne opaca, piuttosto traslucida.
Rimanemmo lì a parlare con diverse persone, quindi giunse Sajù; Sajù era
una specie di peperoncino: si trovava sempre dappertutto. Quando udii la
sua voce in falsetto, chiesi "C'è Sajù?" "Sì, lui è dappertutto." Non
ricordo se questa nostra visita avvenne prima o dopo che avevamo portato
Dimpietro via da Forlimpopoli; a proposito, ti ho mai parlato
dell'automobile capace di correre senza toccare la strada con le ruote?
Una volta abbiamo usato questa particolare macchina per andare a
prendere Dimpietro. Se guardi dentro, vedrai che è vuoto, pure in esso è contenuta una quantità di energia sufficiente a noi tutti per più di un anno." Aprì una sorta di coperchio; dentro c'era uno schermo, ed una specie di luce diffusa in movimento. Era una luce di un profondo verde, ma pareva che ci fosse anche della materia dentro, forse si sarebbe potuta anche toccare; era una specie di brodaglia ribollente. "Questa è energia allo stato primordiale: può essere trasformata in energia solida, o ad un livello più solida. Tutto dipende da questo piccolo strumento qui vicino." Mi mostrò una specie di quadrante circolare, con delle luci sulla circonferenza. "Se tocco questo quadrante in qualche punto, seleziono il tipo e la quantità di energia da inviare nel luogo che ho scelto, dentro questa base."
Su mia richiesta, mi mostrò l'operazione, selezionando in qualche
modo un posto su una sorta di mappa, toccando qua e là il quadrante;
all'improvviso una linea colorata in blu acceso comparve sullo schermo
per un attimo, quindi scomparve. "Ho caricato quel posto con una
quantità di energia che basterà per sette, otto dei vostri giorni." Ci portarono dentro un'altra stanza, c'era un tavolo con molte sedie attorno, un po' come il refettorio dei frati; la struttura generale era diversa, ma l'atmosfera era la stessa; per di più, ci dissero, loro si riuniscono in sale del genere per pranzo e per cena, e mangiano nel più assoluto silenzio. Dato che Giancarlo di solito parla molto mentre mangia, gli dissi: "Tu non potresti mangiare con loro, perché ti butterebbero fuori non appena apri bocca!" Ci dissero che loro si riuniscono in queste sale, prima pregano, poi mangiano. Sono abituati a pregare, in piena sincerità; le loro preghiere non sono uno strumento mistico, ma effettivamente riescono a dare energie ai nostri amici. Una volta terminato di pregare, essi guardano tutti insieme verso un punto specifico, sopra una specie di altare. Questo
punto inizia ad illuminarsi, ed essi attendono finché esso raggiunge il
massimo di luminosità; mi dissero che, durante questo processo, il punto
diviene più grosso, e che ad un certo punto si sviluppa un anello, che
lo fa somigliare a Saturno; quindi l'anello inizia a pulsare, e questo è
il segno che si è pregato a sufficienza. "Per noi si tratta di una
pratica ottima, perché mentre preghiamo, e riempiamo l'ambiente con le
nostre energie psichiche, nel contempo risvegliamo le nostre forze e noi
stessi; in quei momenti siamo come ubriachi. L'energia può far male, ma
per noi è un bene." Nella
sua stanza notai anche una piccola pianta, apparentemente priva d'acqua,
e protestai che la piantina era prossima a morire. "Toccala" mi dissero;
lo feci, ed una quantità di scintille di luce la circondarono. "In
queste condizioni - sostenevano può vivere per anni." Queste piccole
cose giocano un ruolo importante nella loro civiltà; inoltre c'era tanto
della nostra cultura nei loro ambienti, e la loro tecnologia non era mai
carente di fattori umani. Quando arrivammo, mi sentivo affamato, e quindi chiesi a Giancarlo di fermarsi da qualche parte per poter mangiare qualche cosa. Mi
rispose che lui era a posto, in quanto si era portato da Pescara un
panino alla mortadella, che aveva mangiato mentre eravamo dentro la
base. "Hai mangiato un panino dentro la base?" "Certo, dovevo morire di
fame?" Così era fatto Giancarlo. |
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