Neanderthal, chi erano e perché si sono estinti. Cosa dicono veramente i dati.

Posted by maurizio spezia on 16, apr, 2013 in Featured, Scienza e Tecnologia | 0 comments

- di Enzo Pennetta -

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I Neanderthal sono stati prima ritenuti antenati dell’uomo moderno, poi una specie parallela, adesso si scopre che si incrociavano.

E se fosse vera una terza ipotesi?

Se Sapiens, Neanderthal e Denisova fossero invece tutti una varietà della stessa specie?

E’ relativamente recente la scoperta che tra i Neanderthal e Sapiens avvenne un incrocio, se ne è parlato ampiamente sia sui quotidiani come il Corriere della Sera che ha recentemente rilanciato la notizia di un caso di ibridazione scoperto in Veneto, che sulla stampa specializzata che ad esempio sulle colonne di Plos genetics nell’ottobre 2012 si occupava della datazione di tale incrocio.

Addio dunque per sempre, come era già chiaro da tempo, alla rappresentazione di un’evoluzione umana in cui i Neanderthal erano i nostri antenati (anche se ad esempio Le Scienze non sembra essersene accorta):

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L’immagine pubblicata su Le Scienze nel novembre 2012.

Il dato ormai accertato è dunque che l’incrocio c’è stato, e che si è trattato di un incrocio che ha dato una prole fertile, infatti in caso contrario non avrebbe senso parlare, come fa in un altro articolo del 2010 il Corriere, di “Il Neandertal che si nasconde in noi“. Pur nella possibile differenza di definizioni di specie, rimane come la più efficace quella che indica come appartenenti della stessa specie individui che accoppiandosi danno una discendenza fertile, questo dovrebbe dunque portare alla conseguente affermazione che Neanderthal e Sapiens erano varietà di una stessa specie.

La cosa è resa più evidente dalla seguente figura:

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Come si può vedere, le ibridazioni tra Neanderthal, ma anche Denisova, e Sapiens, fanno di essi componenti di una stessa specie.

Quale quadro della situazione emerge da questa scoperta?

L’ipotesi è facilmente illustrata facendo ricorso ad un caso familiare in cui si constatano forti differenze morfologiche all’interno di una stessa specie, il riferimento è ai cani, come mostrato di seguito:

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Come si può constatare il bulldog, il collie e il bassotto sono differenti varietà di cane in modo analogo a come Neanderthal, Denisova e Sapiens erano differenti varietà di Homo.

E qui la cosa si fa interessante, infatti le forti differenze tra le razze canine sono un chiaro frutto della selezione, ma di una selezione che ha ridotto il patrimonio genetico ottenendo le varietà perimpoverimento. La controprova sta nel fatto, che tutti gli allevatori di ogni tipo conoscono bene, che lasciando incrociare liberamente le varietà che hanno selezionato si ritorna all’origine.

Le differenze morfologiche tra Sapiens e Neanderthal, varietà di una stessa specie in base a quanto testimoniato dal DNA, appaiono infatti analoghe a quelle di due varietà canine di taglia molto vicina, come appare dal confronto degli scheletri:

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Saremmo dunque di fronte ad un caso di differenziazione per perdita d’informazione genetica, qualcosa che non ha niente a che vedere con i meccanismi che sono all’origine dell’evoluzione, infatti come chiunque può comprendere eliminando informazioni non si giunge all’evoluzione (a meno di non ammettere l’improbabile e bizzarra ipotesi che la prima cellula contenesse tutte le informazioni di tutti i viventi che hanno popolato la terra!).

Questo quadro generale complica sensibilmente la situazione per la teoria neodarwiniana che vorrebbe un’evoluzione graduale per somma di micromutazioni, infatti la grande diversità genetica mostrerebbe un genere Homo comparso con una ricchezza genetica elevata, e non costruita per accumuli successivi, tanto da permettere di ottenere differenti varietà.

E questo spiega anche perché si insiste nel definire l’evoluzione come la “variazione delle frequenze alleliche”, infatti certamente nel caso dei Neanderthal le frequenze alleliche erano diverse rispetto ai Sapiens e ai loro comuni antenati, ma tecnicamente si farebbe dunque passare per evoluzione quello che fu un impoverimento genetico.

E cosa dire sulle cause dell’estinzione?

Un’ipotesi può venire da quanto affermato in un passaggio di un articolo pubblicato su Le Scienzenel febbraio 2012 con il titolo “Neanderthal: già verso l’estinzione all’arrivo dei sapiens“:

“La quantità di variazione genetica nei Neanderthal geologicamente più antichi, come in Asia, era altrettanto grande di quella degli esseri umani moderni, mentre la variazione tra gli ultimi Neanderthal europei non era superiore a quella degli esseri umani moderni in Islanda”, spiega Götherström Anders, dell’Università di Uppsala.

I Neanderthal avevano una piccola variabilità genetica, e una piccola variabilità genetica significa che non è più possibile ottenere altre varietà, il che comporta una rigidità che rende meno flessibili nell’adattamento all’ambiente.

E anche questo dato crea dei problemi ai meccanismi neodarwiniani, infatti rende difficile accettare come possibili i meccanismi della speciazione allopatrica:

Affinché le novità significative possano fissarsi in una popolazione, è necessario che questa sia piccola. Le grandi popolazioni, infatti, presentano un’inerzia genetica eccessiva. Pertanto la nuova versione proposta per la speciazione allopatrica prevede che abbiano successo soprattutto le nuove mutazioni che insorgono in qualche piccola popolazione isolata di una certa specie, magari situata al margine dell’area di distribuzione principale.

(Università della Bicocca)

L’estinzione dei Neanderthal sarebbe dunque una prova a sfavore dei meccanismi neodarwiniani, la prova che la selezione impoverisce il patrimonio genetico e che questo impoverimento, lungi dal portare all’evoluzione, porta all’estinzione.

Fonte: Critica Scientifica